SANTULIN & PARTNERS
Trasformazione Digitale
Digital transformation, Cereda (IBM): “Adeguarsi è una questione di sopravvivenza”
digitalizzarsi o restare fuori dai giochi
Cereda IBM
Santulin & Partners, forte delle competenze e del background tecnologico dei propri partner, ha gestito progetti di ricerca di manager in grado di guidare la Digital Transformation in grandi organizzazioni industriali e tecnologiche: ecco le considerazioni di Enrico Cereda, Amministratore Delegato di IBM Italia.
Aziende davanti a un perentorio aut-aut: digitalizzarsi o restare fuori dai giochi.
Se non ti digitalizzi sei fuori dai giochi. Il confine forse non è ancora così marcato, ma in tema di digital transformation siamo ormai vicini a un perentorio aut-aut. Un bivio che le aziende si troveranno molto presto davanti, obbligate a compiere scelte importanti per rimanere in gioco anche in futuro.
Ed è un futuro molto vicino, talmente imminente da potersi ormai chiamare presente.
Digitalizzarsi o restare fuori dai giochi
Il terreno su cui le imprese si trovano già oggi ad operare si basa su nuovi modelli produttivi e di business, nei quali automazione, intelligenza artificiale e big data giocano un ruolo chiave. Errori ridotti al minimo, maggiore efficienza e produttività, riduzione dei costi. E poi reti virtuali e nuovi sistemi informativi che operano al confine tra online e offline. Per le imprese, iniziare a correre sui binari digitali significa innanzitutto rivedere i propri processi operativi, ristrutturare i propri apparati organizzativi.
Una trasformazione che riguarda uno scenario vastissimo: dalle istituzioni governative e pubbliche, ai sistemi d’informazione, alla ricerca scientifica, fino a spingersi nella sfera privata della vita quotidiana di ciascun individuo.
E proprio per questo non basta installare nuovi software, accendere nuove macchine. La digital transformation è prima di tutto un cambiamento culturale. Una rivoluzione che obbliga innanzitutto a «pensare digitale». Servono manager che intuiscano le potenzialità del cambiamento. E non è un caso se negli ultimi anni si sta affermando con insistenza una nuova figura professionale, quella del Chief Digital Officer. Un profilo che un numero sempre più crescente di aziende, multinazionali e no, decide di ingaggiare nel proprio team, riempendo uno spazio che non può più restare vuoto. È lui che deve guidare verso il cambiamento, tracciando la strada che porta alla rivoluzione digitale. Tra i primi obiettivi c’è quello di raggiungere l’equilibrio tra risorse umane, business e comparto digitale.
Il cambiamento però è così profondo da chiamare in causa direttamente l’amministratore delegato di un’azienda. Occorre, infatti, iniziare dai piani alti a intuire le potenzialità della digital transformation. Tematiche che l’AD non può delegare talmente è forte l’impatto che hanno sul business.
Lo sa bene Enrico Cereda, presidente e amministratore delegato di IBM Italia. Un pioniere della rivoluzione digitale, fenomeno che ha studiato e affrontato già agli inizi degli anni Novanta. “Per molti imprenditori la digital transformation è come cambiare una macchina – ammette Cereda -, c’è poca conoscenza anche nei board di un’impresa, non ci si rende conto che sono ormai cambiate le regole di business. Si tratta di una issue prima di tutto culturale, capire cosa la tecnologia ti mette a disposizione è ormai una questione di sopravvivenza, un vero must piuttosto che un nice to have”.
Una consapevolezza che IBM ha ormai da decenni tanto da puntare con insistenza sulla progettazione di software di analytics e di cognitive computing in grado di analizzare e gestire dati e informazioni. Un’evoluzione finalizzata a migliorare i processi di produzione di un’azienda. Uno di questi software è Watson, un sistema realizzato da IBM, interamente basato sull’intelligenza artificiale che permette ai computer di spingersi talmente oltre da riuscire ad emulare il pensiero umano. Non a caso la big company americana lo descrive come un’applicazione avanzata di elaborazione del linguaggio naturale capace di ragionare e apprendere in modo autonomo. Uno strumento che può rivoluzionare il modo di produrre e fare business delle aziende, a partire dalle piccole e medie imprese.
«L’80% delle informazioni prodotte o circolanti in un’organizzazione sono nascoste, ciò di fatto non reperibili», spiega Cereda. «E’ questo il compito di sistemi esperti come Watson: metterle al servizio del business, fare in modo che diano valore aggiunto. Viviamo nella società dell’informazione e poi non sappiamo valorizzarla nel modo opportuno. E’ come avere dei tesori immensi dimenticati in qualche cassaforte di cui non abbiamo dimenticato la combinazione per aprirla».